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Tutela e promozione dei bovini di Razza Piemontese

Grazie alle associazioni per la tutela e promozione della razza Piemontese

Come assessore regionale alla Sanità, sono riconoscente verso le associazioni, come COALVI, ANABORAPI, ARAP, insieme alle imprese di commercializzazione, che da sempre collaborano fattivamente con la Regione Piemonte, nel comune intento di migliorare la qualità degli allevamenti e la razza Piemontese, unanimemente riconosciuta tra le più quotate per l’elevato pregio delle sue caratteristiche organolettiche e nutrizionali.

 

Sul piano sanitario, si può dire che dagli anni '90 l'allevamento della piemontese abbia visto un progressivo miglioramento delle condizioni di allevamento per quanto riguarda il controllo delle malattie infettive degli animali, il miglioramento del benessere e la qualità delle carni prodotte.

 

A seguito dell'eradicazione delle malattie "storiche", come tubercolosi e brucellosi, l'Associazione ANABORAPI ha avuto la lungimiranza di orientare i propri allevatori verso il controllo (FACOLTATIVO E PER QUESTO ANCOR PIU’ MERITEVOLE) di altre malattie, come la rinotracheite infettiva del bovino (IBR), che influisce sul benessere degli animali (il virus causa gravi forme respiratorie con danni caratteristici alla trachea dei bovini con successive sovrainfezioni batteriche) ma anche sull'impiego degli antibiotici.

 

Con un finanziamento della comunità europea e una sinergia con L'ASSESSORATO DELLA SANITÀ REGIONALE, è stato realizzato un piano che rappresenta un fiore all'occhiello della Regione Piemonte a livello nazionale e che ha portato, dal 2016 al 2022, dei risultati davvero lusinghieri nei confronti dell'IBR:

  • l’adesione volontaria al piano di controllo da parte delle aziende di allevamento di vacche piemontesi da riproduzione è passata dal 57% del 2016 al 94% del 2022, vale a dire 2.452 aziende aderenti su un totale di 2.608 aziende.
  • delle 2.452 aziende aderenti, l'80% nel 2022 risulta indenne dalla malattia.

I risultati di tale intervento si concretizzano in un maggior benessere degli animali, maggiore qualità e soprattutto una significativa riduzione dell'impiego di antibiotici che pongono il settore della piemontese in una posizione privilegiata per la lotta all'antimicrobico resistenza, uno dei principali obiettivi sanitari per la popolazione italiana nei prossimi anni.

 


ABBIAMO UN DOVERE COMUNE: FARE CHIAREZZA

Sappiamo, però, quanto la carne rossa, in particolare, sia vittima della disinformazione e di campagne denigratorie che causano gravi danni ai vostri allevamenti e, in generale, alla verità dei fatti.

Il nostro dovere è informare l’opinione pubblica con chiarezza e semplicità, per garantire trasparenza e ripristinare gli equilibri del mercato.

Non possiamo accettare che pratiche allevatoriali esistenti da millenni, vengano messe al bando da campagne basate su presunti dati scientifici, non dimostrabili e del tutto contrastanti.

 


DIBATTITO IDEOLOGICO

Gli allevamenti sono additati come grandi produttori di gas serra, fra i principali responsabili dei cambiamenti climatici. Accuse false, come dimostrano le più recenti ricerche scientifiche.

Conti alla mano, la quantità di emissioni dannose generate dagli allevamenti è inferiore all’ossigeno prodotto e al carbonio sequestrato nel ciclo di allevamento e nella produzione dei foraggi. L’impronta carbonio degli allevamenti è del tutto a favore dell’ambiente, come certifica anche la ricerca pubblicata sulla prestigiosa Translational Animal Science.


È necessario distinguere la fonte dalla quale provengono le emissioni gassose.

Nel caso degli animali, il carbonio emesso è quello fissato in precedenza dai foraggi con la fotosintesi ed è destinato ad essere riassorbito dal terreno e dalle stesse piante al termine del ciclo alimentare.

La fotosintesi, è bene ricordarlo, è un processo che non costa nulla sotto il profilo dell’energia e per di più immette nuovo ossigeno.

Invece, il carbonio generato dai combustibili è di origine fossile e la CO2 che si produce è di nuova formazione.


In altre parole, mentre la CO2 prodotta dai processi energivori viene aggiunta all’atmosfera, quella generata dalle produzioni zootecniche è frutto di un riciclo di quella già presente.

L’allevamento, quindi, non impatta sulle emissioni di gas climalteranti, ma al contrario contribuisce a ridurne la presenza. In pratica, la quantità di carbonio catturata è del 10% più elevata di quella emessa.


Tutti i parametri sin qui utilizzati sono allora da rivedere e le indicazioni della stessa FAO, quando attribuisce all’agricoltura il 14,5% delle emissioni di gas serra, vanno interpretate alla luce di queste risultanze. Così pure le valutazioni di Ispra, che alla zootecnia italiana attribuiscono un pur modesto 5,2% di emissioni di gas serra.



CARNE SINTETICA E INSETTI

A questo tema di demonizzazione del settore zootecnico, si è aggiunto recentemente anche quello della carne sintetica, che viene da alcune fonti prospettata come l’alternativa alla produzione degli allevamenti tradizionali.


A questo proposito, faccio mie le considerazioni espresse recentemente dal COALVI, secondo cui “chi crede che vivremmo in un mondo migliore se non ci fosse la zootecnia, ignora il fatto che in quel mondo non ci sarebbero più i prati, a meno di affidarne la manutenzione a una schiera di giardinieri... Ignora il fatto che in montagna i pascoli verrebbero invasi dai rovi, con buona pace degli escursionisti… Ignora anche che il dissesto idrogeologico, con le relative conseguenze, è figlio dell’abbandono…”

Dobbiamo essere pronti alla sfida della qualità: la battuta al coltello di Fassona e il Gran Bollito del bue grasso, in cucina non temono confronti.

Semmai, la guardia non va abbassata verso quegli alimenti che contengono elevate dosi di conservanti, coloranti, grassi saturi, quegli alimenti che invece vengono proposti ogni giorno ai nostri figli nel cosiddetto cibo spazzatura e che sfacciatamente pretendono di ricevere il “semaforo verde” dalle autorità europee, le stesse che, incredibilmente (chissà perché), vorrebbero bloccare con il “semaforo rosso” le eccellenze del nostro agroalimentare.


La distintività garantita dagli allevamenti bovini di razza Piemontese è un unicum che la carne sintetica non può proporre, in quanto frutto di un processo di omologazione.

La sicurezza alimentare, invece, deriva proprio dalla diversificazione produttiva. Quella che i bovini dei nostri allevamenti ben garantiscono, attraverso un percorso di selezione genetica che va proprio nella direzione di quella trasparenza e tracciabilità sempre più richiesta dal consumatore attento, che chiede informazioni chiare.

Lo stesso valga nei confronti degli insetti, che l’Europa vuole propinarci sotto forma di cibo e sui quali è necessario richiamare il rispetto degli standard di sicurezza alimentare che, come per ogni altro prodotto alimentare, non deve essere data per scontata.

 


DALLA VOSTRA PARTE

La Regione Piemonte è dalla parte di un sistema zootecnico che si caratterizza per la prevalenza di piccoli e medi allevamenti, con il lavoro diretto e manuale dell’uomo; dove si pratica il ciclo chiuso (nascita, allevamento, finissaggio, ovvero il bestiame è nutrito con foraggio prodotto in azienda); dove buona parte degli allevamenti è insediato nelle zone alpine e prealpine che garantiscono eccellenti condizioni climatiche e di benessere per gli animali, con circa 500 i margari che ogni anno portano negli alpeggi circa 30.000 capi bovini.

Su questo fronte, gli allevatori di bovini di Razza Piemontese sanno di poter contare su di me e sulla Regione Piemonte.

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